DENIS RIVA
biżżarro è un aggettivo dall’etimo incerto, perso nelle nebbie delle parole ma che produce ancora uno stupore. La maravìglia delle favole però, quella dei bambini, dei matti e degli artisti.
Tradurre attraverso mappe visive sbrecciata, trame di un mondo ricomposto come una mirabile
invenzione, dove uomini e bestie, ombre e giunchi, rami deformi e maschere ci appaiono beffardi e silenziosi.
Il lavoro di Denis ci cattura, ci riporta alla terra, alla natura ma con la leggerezza di un cantastorie strambo. E lo stiamo ad ascoltare, come si fa davanti al fuoco (se mai è esistito un posto così) aspettando, o forse compiacendoci della sospensione.
Hai consapevolezza della malìa del tuo lavoro? Come vedi le reazioni stupite del pubblico ...
Denis:
Non sono consapevole delle reazioni che suscito nelle altre persone, nel mio lavoro cerco di stupire soprattutto me stesso. Uso le tecniche più disparate: osservazioni continue, stratificazioni, cambiamenti improvvisi, autoipnosi sbagliate, danze spasmodiche, scoperte sorprendenti, avvenimenti involontari,
materiali abbandonati che si fondono e a volte nascondono, la gestione di differenti capitoli in moto
continuo, improbabili equilibri. Una poltiglia che brucia, alimentando un fuoco di idee nel quale vengo
divorato e che anche gli altri possono sentire.
Spesso i tuoi lavori sono affollati di sagome, ombre, maschere foglie rami, qualcuno scappa oppure si rovescia ... sembra il risultato di un grande sconquasso, di un vento impetuoso mette tutti al loro posto, è la realtà che reclama il suo potere?
Denis
Non so cosa sia. Lo sto ancora studiando. Lo sconquasso è dovuto. Il vento impetuoso è continuo, a volte
ribalta, distrugge, disperde; altre mette tutto a posto. Mi sembra il corso naturale della vita.
Le tue storie dipinte hanno il sapore dei libri dimenticati, dove la carta è tattile, stampata, accumulata e resistente. Può essere ancora il mezzo ideale per raccontare leggende, miti o un pensiero magico?
Io vivo nella carta. La carta è sacra. La carta è ancora uno dei mezzi più potenti che l'uomo abbia inventato e il disegno resta la pratica preferita di ogni essere umano. Anche se molti non lo sanno o lo hanno semplicemente dimenticato. Nell'infanzia la maggior parte degli abitanti del pianeta realizza i primi
segni espressivi sulla carta. Siamo tutti legati da questa materia preziosa.
“Per separarsi dalla continuità animale, il primo artificio fu la maschera, il travestimento. Quel branco di
lupi che si aggirava per la foresta era composto dai primi uomini, dai primi che si sentirono così irreparabilmente uomini che vollero camuffarsi da lupi...”*
Recentemente ho letto questo brano di Roberto Calasso che ho associato ai tuoi misteriosi lupi, maschere o uomini non so. Li trovo presenze rassicuranti, non importa come e perché, basta che si osservino, anche da lontano ... animali bestie uccelli pesci piante possono rivelarci (chissà) un’umanità meno
addomesticata e confusa?
Denis: Nello studio e osservazione della natura trovo gli elementi necessari per riflettere sulla vita e sul
nostro passato primordiale, quello prima delle maschere. Cercare un dialogo con la terra può essere un
modo per comprendersi e vivere meglio. Ma forse, a questa domanda avrebbero dovuto rispondere i miei
cani.
Grazie, seguiremo i tuoi bizzarri sentieri ...
Bizarre’ is an adjective from uncertain origins, lost in the mists of time, and yet it still produces amazement. It’s the wonderment of fairy tales, those of children, the mad, and artists. Translating through nicked visual maps, plots of a world remodelled as an admirable invention, where men and beasts, shadows and willows, deformed branches and masks appear mocking and silent.
Denis’ work captures us, brings us back to earth, to nature, with the levity of an outlandish storyteller. We’re here to listen to him, as once was done waiting in front of a fire (if there ever existed a place such as that), perhaps enjoying the suspense.
Are you aware of your art’s charm? As you can see from the public’s astonishment…
Denis:
I’m unaware of the reactions I provoke in others, as in my work I try to astonish myself above all. I use many disparate techniques: continuous observations, stratifications, sudden changes, wrong auto-hypnosis, spasmodic dances, surprising discoveries, involuntary events, abandoned materials that unite and sometimes hide themselves, the management of different chapters in constant motion, improbable balances. A burning sludge that feeds a fire of ideas wherein I’m devoured, that other people can also feel.
Often your art is full of outlines, shadows, masks, leaves and branches, someone running or tumbling… it seems to be the result of a large upheaval, of an impetuous wind that puts everything in its place, is it reality claiming its power?
Denis
I don’t know what it is. I’m still studying it. The upheaval is on purpose. The impetuous wind never ends, and sometimes it overturns, destroys, and disperses; other times it puts everything in its place. It seems to be the natural course of life.
Your drawn stories have the feel of forgotten books, where paper is tactile, printed, accumulated, and resistant. Can it still be the ideal means to tell legends, myths, or magical thoughts?
I live in paper. Paper is sacred. Paper is still one of the most powerful means man has invented, and drawing is still the favoured practice of every human. Even if many don’t know it or they had simply forgotten. During childhood the majority of the planet’s inhabitants create their first expressive drawings on paper. We’re all linked by this precious material.
“To separate ourselves from animals, the first creation was the mask, the costume. That pack of wolves that prowled the forests was made of the first men, the first that felt so irreparably human that they wished to disguise themselves as wolves...”*
I recently read this piece by Roberto Calasso that I associated with your mysterious wolves, whether they be masks or humans. I find them reassuring presences, it doesn’t matter how or why, it’s enough that they’re observed, even from afar… animals, beasts, birds, fish, and plants can (who knows) reveal a humanity that’s less confused and domesticated?
Denis: In the study and observation of nature I find the necessary elements to reflect upon life and our primordial past, the one before masks. Searching for a dialogue with the earth can be a way to understand ourselves and live better. But perhaps, my dogs should have answered this question.
Thank you, we’ll follow your bizarre paths…
Lara Vitali
*Roberto Calasso. “Il Cacciatore Celeste”. Adelphi